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19 Giugno 2019
Admin_D.

Il secondo appuntamento con la rassegna “artisti contemporanei al castello” ha visto come protagonista Rosa Spina, nota esponente della cosiddetta fiber art.
L’impatto con l’opera di questa artista d’origine siciliana ma calabrese d’adozione, ha richiesto da parte mia una lenta maturazione. Forse la mancata fascinazione o folgorazione iniziale risiede proprio nella particolare tecnica utilizzata che nel mio immaginario richiama “cose da donne!”. Poi lentamente la meditazione di alcune suggestioni critiche mi hanno fatto riconsiderare l’autentica originalità di questo linguaggio artistico. Ed ho dovuto riconoscere che scontavo un pregiudizio maschilista: tutto ciò che ha a che fare con l’uncinetto e il telaio tessile non riguarda esclusivamente il genio femminile.
La prima suggestione mi è arrivata ripensando all’opera di un grande critico ottocentesco dell’arte che nel panorama attuale del dibattito accademico italiano sembra essere dimenticato. Faccio riferimento a Gottfried Semper. In un clima culturale segnato da un positivismo imperante, questo architetto si interroga su quale possa essere “l’archè”, l’origine e la causa prima dalla quale è derivata tutta la produzione artistica. La sua ricerca parte da una autentica fascinazione per l’architettura greca studiata e compresa sul campo – non dimentichiamoci che molte tra le architetture greche che si possono ancora oggi ammirare in alzato sono dislocate nella ex Magna Grecia, la terra che ha dato i natali alla nostra artista.
La sua teoria evoluzionistica dell’arte parte da un’idea fondamentale: la descrizione di qualsiasi opera scaturisce dalla sua funzione primigenia in grado di plasmare la sua forma. E non viceversa. Infatti ne “i quattro elementi” fondamentali dell’architettura mutua il suo metodo d’analisi dalle contemporanee ricerche biologiche: come nella biologia, dalle funzioni naturali dell’organismo – digestione, cardio circolazione … derivano le forme, così nell’architettura non ha senso partire dall’analisi delle forme, bensì dall’analisi delle funzioni fondamentali che rendono necessarie nel processo evolutivo quelle determinate forme. E se ripensiamo alla capanna di Adamo nell’Eden” come un archetipo fondamentale di riferimento, possiamo identificare le funzioni sociali fondamentali dalle quali derivano tutte le altre:
• la produzione di calore associata alla preparazione del .cibo cotto – il focolare.
• La difesa dalla natura esterna – il recinto
• La difesa dagli elementi esterni e dalle intemperie – pareti e tetto.

Sempre secondo il nostro autore, ad esempio l’arte di creare pareti domestiche divisorie, deriverebbe dall’elemento della recinzione. Infatti questa funzione difensiva è stata sviluppata a partire dalla capacità di “intrecciare” rami di piante, quindi materiale vegetale reso disponibile in natura. Da lì poi lo sviluppo delle prime rudimentali tecniche di arte tessile. È bello pensare in questa fase sia le donne che gli uomini primitivi pronti a esplorare quest’arte così promettente e dai risvolti rivoluzionari: dalle primitive pareti divisorie di ambienti realizzati con materiali intrecciati, ai tappeti dei pavimenti fino ai tessuti da indossare come indumenti.
Risulta facile vedere come questa “suggestione” proposta da Semper inerente l’abilità di intrecciare sia stata nel processo evolutivo dell’uomo, una delle chiavi di volta capace di connaturare la specificità unica dell’abitare dell’uomo sulla terra (cfr: Costruire abitare pensare di Heidegger)
La seconda suggestione la ricavo dal carattere prettamente simbolico del linguaggio umano. Il termine simbolo deriva dal greco – non c’è niente da fare, quando commentiamo la produzione artistica di Rosa Spina inciampiamo sempre nella cultura greca: “sun ballo”: “gettare insieme”. L’uomo ha una capacità eccezionale di individuare elementi specifici in natura e metterli in relazione. Ed è proprio quel “sun” (insieme) che fa la differenza: il gesto artistico – appunto il “gettare” – che è sempre un atto creativo perché sorretto da intenzionalità, è in grado di creare relazioni profonde che rompono codici consolidati. Tale trasgressione artistica è in grado di aprire orizzonti di senso sorprendenti e prima solo presagiti.
Con questa consapevolezza nuova, forse riusciremo a vedere le opere di Rosa con occhi maggiormente incantati: si tratta in fondo “solo” di tanti fili che si dispiegano e ramificano in un disegno complesso infarcito di mille relazioni.
Roberto Palazzini