il 19 luglio 1992 ero un ragazzino di soli dodici anni ma ricordo ancora quella giornata come se fosse oggi, forse perchè la mia voglia di partecipare fu stimolata anche da quei fatti.
Rientravo spensierato dai miei giochi all’aperto e con un buon gelato in mano mi mettevo di fronte alla tv per le solite stupidate, ma la tv stava raccontando qualcosa di grave e apprendevo che un attentato mafioso, come per il Giudice Giovanni Falcone qualche mese prima, aveva ucciso il magistrato antimafia Paolo Borsellino e gli uomini della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
La storia di Emanuela Loi, poliziotto in servizio che perse la vita a soli 24 anni, è raccontanta nel libro EROI SENZA NOME DI Maurizio Lorenzi un libro che merita di essere letto per scoprire le storie di vita delle persone che ogni giorno scendono in strada per difendere la nostra sicurezza e per darci una ragione per stare dalla parte giusta.
Emanuela, maestra elementare in cerca di occupazione, aveva partecipato al concorso per entrare in Polizia spinta dalla passione che in verità animava sua sorella da quando era piccola «Io volevo fare la poliziotta ma il concorso lo ha vinto lei perché era bravissima. Aveva imparato in fretta ad amare il suo lavoro», racconta Claudia, Sorella di Emanuela.
A Sestu, Emanuela, oltre alla sorella, al fratello e ai genitori, ha lasciato anche il fidanzato che per sette anni, dopo la sua morte, ha continuato ad andare a trovarla nella sua casa come se fosse ancora lì ad attenderlo.
Emanuela Loi non aveva detto alla madre che stava scortando il giudice Borsellino per non farla preoccupare. Quando, due mesi prima, avevano ucciso il giudice Falcone si era precipitata a chiamare a casa per rassicurare la famiglia. Ma quel 19 luglio il telefono non squillava mai mentre alla Tv continuavano a scorrere le immagini di via d’Amelio distrutta dalla bomba. «Ho fatto il numero del suo cellulare ed era staccato. Ho chiamato la Questura di Palermo, un collega mi ha risposto che: Emanuela era andata al mare», racconta la mamma. Poi il Tg3 delle 19 ha detto i nomi degli agenti di scorta. «C’era anche Emanuela. Io e mio marito siamo svenuti». La madre aveva portato il vestito da sposa, quello che avrebbe dovuto indossare nel giorno del matrimonio. Ma non ha potuto vestire sua figlia e neppure darle un ultimo bacio perché quando è arrivata a Palermo, la bara era già stata chiusa e sistemata in fila assieme alle altre nella navata della Cattedrale: cinque scatole di legno coperte dal tricolore
Una storia toccante quella di Emanuela che per anni è rimasta nascosta, dimenticata da tutti con grande dolore per la sua famiglia… cose che non dovrebbero accadere ma putroppo capitano troppo spesso.
Dobbiamo pretendere che lo Stato non dimentichi i propri servitori che hanno dato la vita per difendere la nostra libertà e la nostra sicurezza perchè solo così potremo fare una scelta di campo…cioè stare dalla parte giusta!
Approfondite, dunque, le storie degli EROI SENZA NOME per capire che loro erano dalla parte giusta e noi possiamo solo stare da quella parte.
IL GRUPPO PROGETTO CAVERNAGO